Già...
Essere in attesa: è come essere in gravidanza. La gravidanza
dura qualche mese, poi c’è il parto. L’attesa, per
l’uomo, dura tutta la sua vita, e poi c’è il parto.
Col tempo che passa, la gravidanza si fa sentire sempre
più, nel corpo e nell’anima: con le sue gioie e i suoi problemi,
con le attese e i progetti, con le delusioni e le
incomprensioni, con le distrazioni e le attenzioni che la
situazione richiede. Col tempo che passa, l’uomo alimenta
la sua attesa. E le sue attese si fanno sentire sempre più
dentro e attorno a lui, in modo sempre più profondo e
coin volgente per sé e per gli altri. L’attesa è alimentata
soprattutto dal mio vedere e dal mio sentire: vista e udito:
occhi e orecchie. Una attesa quindi di sempre e di sempre
più, come è il mio vedere e il mio sentire: “più di ieri,
meno di domani”.
Più vedo e più sento, sia dentro che attorno a me, e più
mi accorgo di essere gravido, e di essere di fronte agli altri
un essere ‘incinto’.
L’interrogativo che sorge, a questo punto, è questo: che
cosa partorirò?