Temo il Signore che passa...
Al suo passaggio, se sono distratto,lo lascerei andare e
avrei perso l’occasione per incontrarlo.
“Carpe diem!”: cogli l’occasione, l’attimo! Così un
pensatore antico invita ad assaporare la vita, non lasciandoci
sfuggire le realtà che essa pre senta, sfruttando le
occasioni e non lasciandone perdere nessuna. E, oggi,
dobbiamo dire che l’invito è stato accolto fino in fondo: il
mondo d’oggi è intento a cogliere l’attimo e sfruttarlo, a
non lasciarsi sfuggire l’occa sione, la situazione, a sfruttarla
fino in fondo. Questo invito però cela dietro di sé il
timore e la paura di ciò che la vita presenta di sfavorevole
e di non sempre positivo: cogli l’occasione adesso, per ché
più tardi forse non ce ne sono più; cogli questa che è occasione,
perché poi ci potrebbe essere l’im possibilità a sfruttarla;
cogli l’occasione che hai, e che più tardi potrebbe
non esserci più... Sfrutta la vita, intanto che c’è... Perché
poi finisce. E così, dietro questo invito a godere, c’è la tristezza
di ciò che rimane incomprensibile, inatteso, nega -
tivo... Che bisogna intanto dimenticare; anche se un giorno
verrà. Intanto, goditi la vita, sfruttala: carpe diem! E
così, mentre questo è un invito alla vita, è anche l’attestazione
che la vita non la puoi pienamente vivere. Il piacere
si avvicina sempre più alle paure; intan to, dimenticati di
questo divario, sembra dirti il mondo, gettandoti sul piacere.
E la conseguenza è che, quanto più aumenta il pia cere,
tanto più si ingigantisce la paura. Paura di che?
Di non essere nel momento opportuno, di non avere più
opportunità. Del fatto che, mentre godia mo l’occasione,
essa finisce o ci venga portata via. Piacere e paure si uniscono
nell’abbraccio della vita; mentre però uno crea sensazioni
gradevoli, le altre stringono sempre più in una
morsa mortale l’esperienza dell’uomo. E il trauma dell’umanità
cresce... E l’invito “carpe diem” diventa sempre
più il grido straziante di chi non trova più appigli per la
salvezza, e si sente sci volare giù, nell’abisso. I tempi
opportuni della vita dell’uomo divengono sempre più rari,
i tempi sfavorevoli appaiono sem pre più vicini all’umanità.
“Carpe diem!” si sente gridare, nella confusione degli
ideali, nell’imbarazzo delle scelte, nelle neb bie del pensare,
dell’agire, dell’essere. Per il mondo di oggi, perdere
l’occasione crea paura. Per chi crede, perdere l’occasione
crea timore. Paura, per il mondo; timore, per chi crede.
Quale differenza? Risentiamo, accanto all’invito “carpe
diem”, le parole di un uomo saggio quale Agostino:
“Timeo Dominum transeuntem”, temo il Signore che
passa. La sua saggezza, per la quale condividerebbe
“carpe diem”, è saggezza cristiana, del credente, che
accanto a quell’invito pone ‘Timeo...”. Ma non è la paura
del mondo, allora, quella di restare senza l’occasione, o di
vedersela rovinata... Questo è timore, che viene riferito
all’Occasione del credente: Dio.
Ho timore del Signore che passa... Non perché Egli dà
paura, ma perché, se non colgo l’Occasione, lo lascerei
andare e io avrei perso l’occasione per incontrarlo.
Ed ecco che il timore cela dietro di sé l’Amore; ed ecco
che questo “timeo” diventa il Timore di Dio, cioè il desiderio
di non lasciarsi perdere l’occasione del suo Amore.
“Timeo Dominum transeuntem” diventa ora “carpe
Dominum transeuntem” cogli il Signore che passa, non
lasciarlo passare invano! Per il mondo, invece, avviene
che “carpe diem” si sta trasformando in “timeo diem”: ho
paura del l’occasione: che sia poca, che sia l’ultima, che
fini sca, che mi sia portata via o rovinata. Il credente dunque,
di fronte a Dio sta sempre in atteggiamento di timore
e tremore: timore di lasciare passare Dio, perché sono
distratto, di non poter cogliere il suo amore; tremore di
fronte al suo passaggio, di questo Amore, Occasione che
passa. “Carpe diem” significa soprattutto che devi darti da
fare per trovare, per cercare l’occasione; “Timeo
Dominum transeuntem” significa soprattutto che è Lui,
l’Occasione, che ti cerca, che transita di fronte a te. E così,
mentre nella logica del mondo l’occasione è nel futuro,
perché il presente si esaurisce presto, nella fede del credente
l’occasione è nel presente soprattutto, qui, nell’esperienza
che si arricchisce, in un tempo opportuno che diviene
sempre più favorevole a te. Mentre per il mondo occorre
allora chiudere gli occhi, dimenticandosi in questo presente,
cercan do poi nel futuro altre occasioni, per chi
crede occorre aprire gli occhi, per essere attenti e vedere il
passaggio dell’Occasione, nel presente; un pas saggio che
continua, che non si ferma, che appunto passa, in avanti,
nel futuro, ma profon damente radicata qui, adesso: qui è il
tempo opportuno. “Carpe diem”, questo invito che sembrava
voler centrare tutto solo sul presente, sull’occasione,
in effetti si sta rivelando come l’insoddisfazione di esso,
l’incapacità a trovare senso nel solo qui e ora, e nasconde
in sé la domanda di qualcosa di più grande, la ricerca di un
senso più profondo dell’e sperienza stessa.
Questo invito, al quale il mondo corrisponde, e che parrebbe
negare il senso di Dio, si rivela, a poco a poco, essere
la via sulla quale l’Occasione incon trerà gli uomini...
Sì, quegli stessi uomini che, nau seati dal “diem” monotono
e mortale, potran no scoprire, sulla propria strada, il
“Diem”, l’Occasione. “Timeo Dominum transeunten”, che
parrebbe rimandare il discorso al futuro, in effetti è il recu -
pero del presente come tempo di Dio, come “Diem”.
Dio passa, oggi, adesso, qui. Il timore non è che passi,
ma perché passa. Il tempo opportuno, per Dio, è il qui e
l’ora... Solo cogliendo la sua presenza adesso ci sarà il
cammi no con Lui; altrimenti, Egli passa e noi non lo
vediamo. E se non lo vediamo, restiamo fermi, e saremo
presi dall’allettante invito “carpe diem!”, dimenticando ci
di Lui. Certo, ci sembrerà di cercare ancora, perché dopo
un’esperienza ne cercheremo un’altra, e dopo aver esaurita
questa, un’altra ancora, ma è una ricerca senza senso,
senza la direzione e la guida, un cer care inutile; mentre se
è Lui, il Signore, che passa, noi cercheremo, guidati da
Lui, con un senso, una guida, un futuro. Piacere e paure,
per il mondo. Timore e amore, per il credente. Ecco le
diversità. E più cresce il timore, più aumenta d’intensità
l’a more: ecco il Timore di Dio. Nell’abbraccio della vita,
il timore accresce il senso del mistero e della sorpresa,
l’amore approfondisce la vicinanza dell’esperienza. Così
il credente realizza il Timore di Dio. La fede è accettare il
momento opportuno. È accogliere Dio. È essere attenti e
non distratti, al Suo passaggio. È non il pensare a un
momento opportuno per Dio, ma il pensare Dio stesso
come un momento oppor tuno. Come si può lasciar passa69
re Dio? Chi oserebbe lasciarlo passare invano e non acco -
glierlo? Chi a questo punto non lo accoglie?
Eppure, Dio passa e non sempre lo accogliamo.
Questione di non attenzione? Questione di rifiuto? Tanti
motivi... Uno, ad esempio: il fatto che non sempre
l’oppor tunità nostra è la stessa di Dio. Per noi, è opportuno
quando... per Dio, sempre. Anche quando per noi non
è opportuno, anche quando l’occasione è sprecata, non
vale. Dio è Occasione anche là dove noi non vediamo l’affare.
Egli è Occasione anche dove noi consideriamo il vuoto.
Dio si fa presenza, Occasione, anche nell’attesa; per
noi, questo è spesso difficile da capire. Dio si fa Occasione
proprio privilegiando i momen ti che noi scartiamo: la
morte. Là dove tutto per noi finisce è, per Dio, tempo
favo revole.
Dio è Occasione nella morte di Gesù. Essa è Dio che si
rende ancor più da vicino occa sione per l’uomo. Sono i
tempi dell’inverno per noi, quelli freddi. Sono i tempi del
vuoto e della non considerazione. Sono i tempi inutili e
dell’attesa da evitare, secon do i nostri schemi. Eppure,
Dio sceglie quelli, soprattutto quelli, per indicare la presenza,
fino in fondo, nel nostro pre sente, anche in quello
fatto di assenze, delle sue Occasioni. Quante occasioni
sprecate da parte nostra! Il tempo opportuno di Dio è la
sua presenza in tutto; adesso.
E allora i nostri dubbi, le nostre crisi, le nostre diffi -
coltà, ricevono un nuovo significato: non possono più
essere soltanto le realtà tra le occasioni della fede e del
quando le cose van bene... Diventano esse stesse le occasioni
privilegiate, attraverso le quali Dio si rende presente,
Occasione, per noi.
Occorre soltanto accostare al “carpe diem” il “timeo
Dominum transeuntem” e vivere. Ecco la fede. Per aiutarci
a credere, ecco che Dio si è fatto incon tro a noi dandoci
l’occasione delle occasioni: la Croce... Non la croce
come croce... No... La Croce, quella del suo Figlio: la
Croce di Cristo, la croce cri stiana. L’Occasione più bella
che nasce dal tempo meno opportuno: il morire.
Eppure, Dio lo trasforma, questo tempo, rendendo lo il
tempo della conversione: quando, rinuncian do a tutto
quanto se stesso, Cristo si affida al Padre, indicandoci
questo nuovo modo di vivere, di comin ciare a riconsiderare
i tempi perduti e inopportuni, perché il tempo della vita
si possa dire veramente favorevole. Senza la croce di
Cristo, ogni occasione è perduta, anche quella di Dio. “Chi
vorrà salvare la propria vita la perderà...”. Sì, anche Dio...
Si perderebbe. Penseremmo di aver avuto l’occasione di
incon trarlo, ma sarebbe solo un’illusione, una pia illu -
sione, senza il fondamento della croce: come aver fatto un
affare che ritenevamo un’occasione, e ci siamo scoperti
fregati e ingannati. L’occasione è vera se scopriamo che la
sua anima è la croce, che cioè di fronte ad essa vale più il
“timeo” che il “carpe”.
Parlare di queste occasioni all’uomo di oggi non è
senza efficacia, proprio perché egli sperimenta sempre più
il cadere delle proprie occasioni, di quelle che trova attorno,
nell’immediato, negli altri... Egli è alla ricerca, nel suo
vivere sempre più sofferto e sempre meno sereno,
dell’Occasione vera. Egli sente questo discorso, lo sente
attraverso la propria esperienza, che non riesce a rendere
occa sione vera, ma solo limitata e spesso sprecata. Proprio
per questo, oggi più che mai, si è nella disposizione di
poter accogliere la proposta, esigen te e radicale, ma nello
stesso tempo vivificante, della Croce di Cristo come
Occasione per trasfor mare la propria croce quotidiana in
un tempo opportuno. L’esperienza della Croce è la soluzione.
Essa penetra a poco a poco nell’uomo; ed egli, o la
combatte o la dimentica, nel tentativo di una solu zione...
Ma inutilmente, perché la croce resta; oppure, la vince da
dentro, ascoltando, cioè acco gliendo l'Occasione che Dio
gli dà attraverso la Croce di Cristo, e quindi trasformando
la propria inutile e inopportuna croce in un tempo
favorevo le, nel tempo di Dio, nel “Diem” della grazia.
“Carpe Diem!”.