La paura del silenzio

“Il silenzio
non è il non essere legati ai suoni,
ma il non essere legati al proprio io”.

“Tuuu... Tuuu... Tuuu...”. Nessuno che risponde!

Il telefono: uno dei tanti modi per non restare nel silenzio,

per superare in fretta l’atmosfera della solitudine che

ti prende, dopo un po’ che stai da solo; allora, il clima ti fa

essere a disagio, e parti subito, alla ricerca di qualcuno, di

qualcosa, di qualsiasi realtà, purché il silenzio finisca.

Perché tanta paura?

Cosa ci sta a fondo di questo rifiuto del silenzio?

Fermiamoci un attimo, entriamo un poco in questa realtà,

a vedere cosa ci sta di tanto pauroso. E già, al primo istante,

emerge la prima delle paure: fermarsi! La paura che,

fermandomi adesso ad esaminare il silenzio, divenga un

tagliato fuori dalla realtà; fer mandomi, c’è il rischio di

perdere la vita, quella che corre, e che se ti fermi, ti lascia

lì. Fermarsi è perdere tutto, per l’uomo d’oggi: chi si

ferma è veramente perduto. Nonostante ciò, continuiamo,

sì... Perché siamo in più a farlo, e ciò ci fa sentire non isolati,

insieme; e insieme, fermarsi è possibile, vale la pena.

Superato il primo attimo di paura, ora il silenzio si avvicina,

si rende presente in noi, come mistero, come realtà

impenetrabile e troppo grande; ecco risorgere la paura, di

fronte a qualcosa più grande di te, che ti può minacciare e

togliere, che ti possa fare anche del male. Ma ora, questo

mistero si rende sempre più vicino ed impossibile da tenere

lontano da noi stessi; è un mistero che non solo si avvicina

a noi, ma che si fa noi, diventa me stesso. Ed ecco che

allora appare il motivo più profondo della primitiva paura:

ho paura di me stesso, ho paura di lasciare che dentro di

me io sia grande, che traspaia in me la grandezza. E perché

questo?

Perché tutto è piccolo, tutto si nasconde; tutto quanto,

attorno, è costruito a misura di parole e di motivi, di evidenze

e di certezze; perché mai allora lasciare che emerga

qualcosa di grande?

E chi adesso ci crede ancora, in questa grandezza? Beh,

veramente, adesso ci stiamo credendo, adesso che la sentiamo

presente in noi; ma, che ce ne fac ciamo? Subito

emerge la logica del mondo, che ci invita a lasciar perdere

tutto quanto e ritornare a ciò di cui stavamo parlando:

di come trascorrere la domenica pomeriggio, di dove

andare la sera, quale film vedere... Eppure, questo stare

insieme alla ricerca delle profondità del silenzio... Sì, ci fa

ancora un poco paura, ma accanto alla paura, anzi proprio

in essa, si cela un desiderio di esso, una trepidazione per

poter gustare ciò che il silenzio cela dietro di sé.

Avevamo paura di questo silenzio fuori di noi, ma ora

che questa realtà si sta facendo noi, è parte sempre più di

noi stessi, ora ci rende desiderabile il cercarla e il gustarla,

perché noi desideriamo esse re noi, noi stessi, autenticamente

noi. Esplorare questo silenzio ora diventa sempre

meno paura e sempre più avventura, che dentro di sé ti

propone una realtà grande: essere te stesso, ciò che cerchi

da sempre.

Avevamo paura di questo silenzio perché esso nascondeva

dentro di sé qualcosa di grande, di più grande di noi:

il mistero. Ora che il mistero si è fatto noi, ognuno di noi,

noi insieme, ora è possibile esplorare e cercare di gusta re

questa nuova realtà. E per avvicinarci ad esso, al mistero

che cerchiamo, per toccarlo anche solo per un attimo, sentiamo

che occorre lasciare ogni altra cosa, alla quale

abbiamo legato la nostra vita di ogni giorno; fare silenzio

e slegarsi, a poco a poco, da tutto quanto ci circonda. E

così, ecco che tutto passa di nuovo davanti a noi, tutto ciò

che lega la nostra vita; ora, però, ogni realtà passa e va via,

non resta a condizionare, né in bene né in male, la nostra

persona. Ora il silenzio si fa via via più concreto e palpabi -

le: attorno a noi le cose non hanno più valore se non in

quanto passeggere del silenzio stesso. Questo silenzio ci

rende più sereni, più viventi che mai. Ora siamo soli, con

noi stessi di fronte. Il silenzio adesso ci chiede ancora una

cosa: slegar ci da noi stessi, per entrare meglio nella sua

realtà profonda. È la cosa più difficile da fare: silenzio eliminando

le cose attorno, era comprensibile; ma ora, dover

addirittura eliminare l’attaccamento a noi stessi, questo è

un passo molto rischioso. Ed ecco emergere la paura, di

nuovo: paura del rischio, di non trovare più nulla, di perdere

tutto quanto siamo; la paura di noi stessi c’è ancora:

paura del nostro io, che sia qualcosa di diverso da ciò che

fino ad oggi abbiamo immaginato e consi derato... e che

siamo ora. Lasciare noi stessi! La cosa più difficile da fare,

specie senza un moti vo chiaro.

Eppure, continuiamo, insieme, su questa strada: avanti

ancora, così, nel rischio, vedendo il nostro io, a poco a

poco, a stento e con molta difficoltà, scostarsi da se stesso,

come una montagna da spo stare, per lasciare il posto a

una realtà più misteriosa che mai: Dio. Era lui il motivo

profondo delle nostre paure? Sì; non lo volevamo dire,

non lo ricordavamo forse, lo avevamo dimenticato, ma

proprio Lui era la Paura del nostro io, colui che minacciava

la nostra onnipotenza... Proprio come all’origine, là nel

Paradiso, dove la sua onnipotenza fu considerata dall’uomo

in concorrenza con il progetto umano della vita.

Perché, Dio, questo Silenzio misterioso ed infinito ci fa

paura? Perché temiamo che rovini il nostro io, che ci

cambi le carte in tavola, che venga a dirci qualco sa di

diverso da ciò che noi diciamo. Dio, era Lui la Paura delle

nostre paure.

Finora, le nostre parole lo avevano tenuto lontano;

oggi, il nostro silenzio ci ha avvicinati a Lui, il Silenzio. E

ora che non siamo più soli nemmeno con noi stes si, perché

il nostro io passa davanti a noi, ma non si attacca a noi,

a quel mistero che siamo, eccoci non più ad ascoltare il

silenzio, ma ad esserlo: siamo il silenzio, quello vero, fatto

non dalla mancanza dei suoni attorno, ma dalla presenza

del Silenzio di Dio. Dio tace, e il suo Silenzio si fa amore.

Ma... la sua Parola, la parola di Dio? Per condurci alle profondità

del Silenzio, all’Amore. Ma... Gesù? Non parlava

di Dio?... Non usava le parole? No, Lui è la Parola, e in

Lui si manifesta e si nasconde il Silenzio di Dio. Si manifesta

o si nasconde?!... Si manifesta e si nasconde il mistero

dell’Amore. Il Silenzio parla, ma nello stesso tempo

parla del Silenzio. Che senso ha ora rivivere tutte le cose?

Vengono tutte quante rivestite del silenzio, vengo no recuperate

nel loro essere più profondo, in se stesse, non per

noi o in funzione di qualcosa. Il Silenzio ora ci permette di

amare tutto quanto, di contemplare la creazione, di guardare

e vedere, mentre prima guardavamo e non vedevamo,

sentivamo parole e non ascoltavamo mai. Il Silenzio è la

rivisitazione delle cose, il rivederle così come sono e non

come noi vorremmo che fossero; e tra queste realtà da

rivedere, in primo luogo, ci siamo noi: noi stessi.

Il Silenzio è il lasciarci contemplare da Dio: Lui, sì, che

contempla noi, che si compiace della sua imma gine: e

vede che ciò è cosa buona.

Gli occhi di Dio che ci guardano compiaciuti non li

vediamo, perché sono i nostri stessi occhi: come potremmo

vederli? Specchiarci? Sì, nello specchio del creato, e

prima di tutto, nello specchio della creatura: in noi stessi,

per primi. I nostri sono gli occhi di Dio. Un tempo lontano,

si usava dire: Dio ti vede; già: da dentro.

Adesso che il Silenzio è con noi, in giro per il mondo

non è più come prima; ti accorgi, ora, se le cose e le persone

parlano veramente, o se sono senza la parola più

importante: il Silenzio. Parlare per parlare... Spesso è così.

Parole per avere, per comprare, per dare per... Ma soltanto

la parola che nasce dal Silenzio, solo quella produce la

vita, solo quella ti fa gustare e desiderare in te il tuo essere,

solo quella ti realizza.

II massimo sarebbe riuscire a comunicare col Silenzio;

non con le parole, ma con la Parola: Dio.

Adesso che siamo il Silenzio, tutto comincia a par lare

attorno a noi; tutto entra in questo silenzio che

purifica e distingue, donandoci la gioia.

Senza il Silenzio che è Dio, tutto sarebbe rimasto muto.

Senza il nostro essere Silenzio, non l’avremmo mai

ascoltato. Quando Dio non parla, noi gli attribuiamo la

colpa di non ascoltarci; quando Dio tace, invece, è perché

sta parlando; ma le nostre imprecazioni ci impediscono di

metterci in ascolto del suo essere Silenzio.

Vorremmo, come al solito, esortare Dio, perché si metta

a seguire i nostri consigli: parla, di’ qualcosa! Perché

taci?! Perché non parli? Perché mi hai abbandonato?!

Risolvi questo, risolvi quello! Non startene lassù a far

nulla! Ma Dio tace... Ascolta e tace.

“Tuuuu... Tuuuu... Tuuuu...”: Dio non risponde al telefono,

no... mai; preferisce venire di persona. Solo che noi,

abituati a parlare attraverso i telefo ni, non ce lo attendiamo

più all’uscio di casa. Dire il silenzio di Dio all’uomo

di oggi... Quel silenzio di Dio, che parla attraverso le realtà

che per il mondo tacciono: la stoltezza della predi -

cazione, gli ultimi e i poveri, le cose dello spirito, i dubbi

e le difficoltà, le malattie, il silenzio della solitudine e

della morte... NO! Non può essere...! Che un Dio non

approfitti del suo potere di comu nicare e scelga queste

insulse vie! Eppure, Lui ci conduce qui, non altrove. Dio

ha scelto ciò che il mondo fa tacere, come luogo per parlare

agli uomini. Ma perché non ha scelto i luoghi del

mondo? Non era più facile e comodo? Non avrebbe ottenuto

più facilmente dei risultati? Dio ha scelto quelli, perché

sono essi i luoghi più ricchi di capacità d’ascoltare;

attraverso di essi, poi, giungerà ai luoghi del mondo, quelli

che in effetti sono i più poveri nell’ascolto; vi giungerà,

attra verso la stoltezza, il nulla, le pochezze, per donare

anche lì la ricchezza del suo amore. Ma, Signore... Chi li

ascolterà? Rimarranno sem pre, come ora, inascoltati e

disprezzati!

No. Questo mondo immerso nel piacere delle realtà

forti, a poco a poco è destinato a cadere sotto i colpi di ciò

che produce; sempre più, agli occhi degli uomini, apparirà

l’inconsistenza della mentalità del mondo senza altro

all’infuori di sé. Allora, l’uo mo inizierà a cercare sempre

più quelle realtà che gli emergono dal cuore, che sembravano

sotterra te: la gioia, il senso della vita... E le troverà,

veden dole in quei luoghi che egli aveva dimenticati: i luoghi

dove poter ritrovare non solo le cose di sé, ma soprattutto

se stesso. Lì ritroverà la via del silenzio, e la riconoscerà

per ché non fatta di parole, ma dall’esempio di chi,

povero di fronte al mondo, è ricco di grazia da donare.

Dio, perché questa logica illogica? Non era meglio fregarli

tutti con la tua onnipotenza? No, più efficace la debolezza;

l’onnipotenza annienterebbe, la debolezza certamente

costruisce. E così, quel silenzio del quale avevamo paura,

ci sta ricreando e ci fa riscoprire il nostro essere in Lui.

Non solo essere in silenzio, ma soprattutto essere il

Silenzio.

Ma, Signore, perché?

Perché ti lasci accusare come Colui che castiga, mentre

non dici che sei il difensore?

Perché non spieghi, e ci lasci nel dubbio?

Perché non ci convinci delle tue ragioni?

Perché...?

Quante domande! Quando ti metterai in ascolto delle

risposte?

Le hai tutte dentro di te, le soluzioni; proprio tu puoi

rispondere alle tue stesse domande.

Ascolta... Ascolta, Israele.

Sì, Signore, ti sento come mia risposta, nel mio respiro,

in ciò che di più vicino a me c’è in me: io.

Ed ora non ho più paura, solo nostalgia di non essermi

lasciato da Te amare.

Tu che, Silenzio in ascolto, accrescevi il tuo Amore nel

profondo delle mie ossa.

Ora la paura s’è resa timore; ora il tremare, trepidazione.

Ora che sento l’incapacità e l’inadeguatezza delle mie

risposte d’amore a Te, non posso fare altro che lasciarmi

cadere nel silenzio delle tue braccia, certo di essere da Te

riposto sulla strada della vita ed accompagnato dal tuo sorriso

sempre presente, o Dio, Madre silenziosa sul nostro

cammino.

Rendici, Signore, testimoni del silenzio, non permetterci

più di parlare di Te, se non sei Tu stesso che parli.

Fa’ che ci ascoltiamo, Signore, in ciò che sei dentro di

noi, allontanaci da quel nostro io che ti si impo ne a parole,

ascoltaci Tu, Signore, là dove noi non Ti sappiamo

ancora ascoltare. “Tuuuu... Tuuuu... Tuuuu...”.

Se mi dicessero di rispondere, che a chiamarmi al

telefono è Dio, non lo farei, mai.

Tra noi c’è una sola parola: il Silenzio.