Ci hai posto nel cuore,
Maria,la voglia di cantare.
“L’anima mia magnifica il Signore..”. Il canto di questa
ragazza non resta inascoltato e isolato; non è destinato a
rimanere il suo bel canto, ma ad estendersi nella storia
della salvezza, dove tanta gente, sentendo lei cantare,
impara il canto della gioia e della lode.
Maria canta e coinvolge nel suo canto il popolo intero:
ella diventa così la maestra del cantare, l’in segnante del
canto nella Chiesa. Un’insegnante che fa imparare con
l’esempio, con la gioia del suo stesso cantare; ascoltandola
cantare, si impara e si canta, insieme, quella dolce e
arricchente melodia. Sentiamola cantare, mettiamoci in
ascolto del suo canto...
Non è lei, in prima persona, che sta cantando. È la sua
anima, il suo spirito, che cantano in lei: il suo canto sgorga
naturale e spontaneo dal profon do di lei, da quella realtà
che non è il suo “io”, ma la sua anima e il suo spirito.
Noi, anche con le più belle intenzioni, volendo cantare,
diremmo pur sempre: sono io che canto, sono io che mi
metto a cantare; poniamo come soggetto del canto noi
stessi, il nostro io.
Lei, no.
Lei lascia cantare il suo spirito, la sua anima, lascia
voce ad essi; si fa in disparte col proprio io e permette al
mistero che c’è in lei di farsi canto.
“L’anima mia... il mio spirito...” là dove noi diremmo:
io... io... Il canto di Maria è già grande per il fatto che a
cantarlo è il mistero che lei lascia trasparire, del quale ella
si fa strumento. Lei non sente solo se stessa, ma in lei
qualcosa di più grande, e lo lascia cantare.
Non è il canto dell’io, ma dello spirito, dell’ani ma.
La cantante non è lei soprattutto, ma, attraverso di lei,
è una realtà più grande. Maria canta il mistero. Maria
lascia che il mistero canti. Ed è il mistero che la rende cantante.
Non è lei, in prima persona, quindi, che sta can -
tando. Non è neppure lei sola che canta. Al suo canto ci si
unisce, il suo è canto di un popo lo.
È un canto che accresce l’essere popolo, che si allarga
e non rimane legato a lei; lei è occasione per rendere popolo
chi ascolta e canta; il suo è un magnificat, un ingrandirsi
e allargarsi, un magnificare, un rendere grandi le realtà
cantando. “L’anima mia magnifica...”.
Il suo canto raccoglie le realtà di tutto un popolo, e le
riesprime attraverso la sua anima, rendendole grandi.
Maria magnifica, rende grande il suo canto; esso è
come un piccolo sassolino gettato in uno specchio d’acqua
tranquillo; il sassolino, pur nella sua pic colezza, a contatto
con l’acqua provoca dei cerchi d’onda che si allargano
sempre più e si perdono nell’infinito.
Così, la voce di questa ragazza: poca cosa, in appa -
renza, questo dolce canto; ma come il sassolino, magnifica,
è grande perché produce dalla piccolez za realtà
immense di grandezza, perché da se stes sa giunge, sempre
più ampiamente, a un popolo sempre più numeroso.
Tutto ciò, grazie a questo canto. Il canto di Maria è
sempre più grande e coinvolge sempre più, attorno, chi
ascolta e canta... Sempre più e sempre più profondamente.
E un canto sempre più della Chiesa; è una Chiesa che sempre
più canta, con Maria, magnificando.
“L’anima mia magnifica il Signore”. Ecco il motivo
della gioia; ecco che le onde che si propagano in questo
canto destinato all’infinito, non si perdono, ma raggiungono
il lido: il Signore.
Dio raccoglie le onde provocate dal canto, e le rimanda
al centro, all’anima di questa ragazza; è un canto dialogato,
non a senso unico. Maria canta con la sua anima, canta
Dio; Dio risponde al canto, riportando all’anima di Maria
Se stesso. Potremmo dire: “II Signore magnifica l’anima
mia”. Ecco allora che Maria, mentre canta, non solo
magnifica, ma è anche lei magnificata, resa gran de della
grandezza di Dio che si fa vicino al suo canto con la sua
presenza. Maria magnifica il Signore; il Signore magnifica
Maria. E la ragazza che canta, ci ricorda che era stato
pro prio Lui a partire cantando, non lei: “L’anima mia...”,
ricordate? Non io, ma l’anima mia, cioè quel Mistero che
è Lui. Dio, Lui ha preso l’iniziativa di questo canto; la
ragazza ha risposto; attraverso di lei anche tutto un popolo
s’è sentito più vicino a quel Lui che è l’a nima di tutto
quanto. Era Lui che stava cantando, che Maria sente can -
tare in sé, e allora lei canta, e pone anche nel nostro cuore
la voglia di cantare. Il Maestro della Maestra del canto è
Lui: Dio. Con questo canto, ciò che c’è in noi di Lui, si fa
voce, rendendo grandi le realtà dentro e attorno a noi. È
tutto un Magnificat. Dentro e fuori.
È un ricevere e un donare grandi cose; attraverso il
canto, cioè con il nostro essere cantanti.
È uno scambio tra Dio e Maria, tra loro e la Chiesa, tra
loro e noi. Tutto questo cantando il Magnificat. Ascoltiamo
ancora questo canto... “L’anima mia magnifica il
Signore...”.
Il fascino di questa ragazza sta nel farci sentire questo
canto senza far vedere se stessa. Mentre lei canta, appare
ciò che canta e lei scom pare sempre più, di fronte a Dio; è
proprio questa la sua grandezza: trasmettere con fedeltà,
con lim pidezza, non se stessa, ma una realtà più grande:
quella del canto: Dio.
Quanta differenza col nostro canto, con quel can tare
dove spesso l’immagine vale più dell’ascolto; ma non
l’immagine portata dal canto, no, non è quella alla quale ci
teniamo; fosse quella...! No, per noi è importante farsi
vedere, portare attraverso il canto l’immagine di noi stessi:
il suc cesso, ecco ciò che vale per noi. Maria canta
donando l’immagine, sì... Ma quella che appare quanto
più lei scompare, quanto più lei si sottrae ad essere immagine:
appare l’immagine di Dio.
Lei ci dona l’Immagine di Dio attraverso non se stessa,
ma il suo canto, il Magnificat. Proprio in questo sta la sua
grandezza: nel tra smettere attraverso la sua piccolezza la
grandezza di Dio.
Proprio per questo è Dio stesso che la rende grande,
rendendola partecipe della propria presenza.
Il canto di questa ragazza richiama alla Chiesa di oggi
una dimensione che rischia di essere dimenti cata: il cantare.
Rendere la nostra preghiera, la liturgia, tutto ciò che è
destinato a rivolgersi a Dio, un canto, un Magnificat.
Noi facciamo tutte queste cose già da tempo, ma a poco
a poco esse hanno perso la dimensione del canto; si svolgono
con precisione e sono ben orga nizzate, non mancano
di nulla, anzi... tutto avvie ne secondo le direttive prefissate.
Ma ciò che si sta perdendo, ce lo richiama il canto di
Maria, è proprio questo: dire tutto quanto con il canto,
magnificando, lodando. L’anima si allontana sempre più
da ciò che noi fac ciamo rivolgendoci a Dio, facendo perdere
l’essen za di tutte quelle realtà, che, destinate ad essere
grandiose, si riducono ad essere solo ben fatte, ben
svolte, precise, sistemate a puntino... ma senza anima.
Rivivere le stesse cose, ma con il canto: ecco il richiamo
di Maria. Il canto è l’anima che rende grandi le cose e
non le lascia tali e quali: “L’anima mia magnifica...”.
Dovrebbe cantarlo ognuno di noi, questo; ognuno e tutti
insieme, seguendo il destino di questo canto: cantare della
Chiesa, Chiesa cantante. Oggi, dire Chiesa cantante equivale
ancora ad essere trasgressori delle regole, del sistema,
dell’or ganizzazione; se inviti al canto, ti guardano con
sospetto, come uno che vuol demolire, mai come uno che
possa avere in sé il desiderio di animare il sistema, di non
lasciarlo cadere negli immobilismi e nei fissismi che lo
rendono sempre più incapace di vivere.
Questa ragazza, in questo senso, oggi ancora tanto
guardata con sospetto, appare essere la via di tale trasgressione.
Maria, tu canti per farci rivivere, e noi ti ascoltia mo
ancora con il desiderio di sentire solo noi stessi; non ci
siamo ancora messi veramente in ascolto nel tuo canto; lo
sentiamo sempre come la dolce melodia che commuove,
non lo ascoltiamo ancora come la voce che muove.
Tu, che col canto ci inviti a trasgredire tutto ciò che
conduce alla morte di Dio e di noi stessi, e a rivive re, a
poco a poco, cantando, tutto ciò che ci sta dentro e attorno.
Il Magnificat, questa rivoluzione di Dio cantata attraverso
Maria, ancora non l’accogliamo.
Non ci crediamo ancora che Dio possa fare grandi cose
attraverso quella piccola voce; l’apprezziamo sì, ma come
romantica e poetica. Non certo come vita.
Il canto di Maria, però, continua, coinvolge, tra sforma,
a poco a poco, senza grandi apparenti risultati: è un seme,
è un cammino paziente, desti nato a grandi cose... Sarà Lui,
Dio, a destinare i tempi e i momenti dei frutti e dei risultati;
intanto, Maria canta il suo Magnificat... Mai inutilmente.
“L’anima mia magnifica il Signore”: è un invito a
ciascuno, alla Chiesa, a cantare sempre più con la voce di
Dio e sempre mano con la voce dell’io. È un canto che
purifica, rinnova, cambia... rivolu ziona tutto.
Non è certo la rivoluzione dei potenti, della forza e
delle astuzie umane e delle loro aspettative; questa è
paziente, attraverso le cose deboli, le voci fievo li... Ma
dietro tutte queste c’è la potenza di Dio che magnifica.
Il suo canto non può essere mai soffocato, è desti nato
alla vittoria. Maria, e ognuno che canta con lei, cantano
vittoriosi. Per questo è un canto di gioia. È il Magnificat.
Abbiamo sentito il tuo canto, Maria... È bello; ci siamo
commossi e ora lo cantiamo pure noi, con tutta la voce.
Ma ci siamo limitati a sentirlo, non lo abbiamo veramente
ascoltato fino in fondo: lo abbiamo preso come uno
dei nostri canti, come un bel canto... uno dei nostri.
Non abbiamo fatto attenzione al “Magnificat”, a questa
tua totale disponibilità a Dio, alla quale, con quel canto,
richiamavi anche noi. Noi, quel Magnificat l’abbiamo
cantato, sì, ma non lo stiamo vivendo, per niente.
Abbiamo fissato i nostri occhi su di te, non, come tu ci hai
invitati a fare con il canto, su di Lui; ti stiamo esaltando
come cantante di successo, ma non esultiamo ancora con
lo spirito, come tu ci invitavi a fare.
Questo Magnificat non lo riteniamo scomodante, per
ora; è cantabile, orecchiabile, ma secondo le nostre aspettative.
Non lo ascoltiamo come invito alla rivoluzione del
Vangelo, alla conversione a Lui. Non pensiamo sia il caso
di fare questa rivoluzio ne... tanto meno partendo da noi.
Bel canto, Maria... ma lascia che lo intoniamo con le
nostre voci, con quella di Dio non ci riusciamo.
Ci hai posto nel cuore, Maria, la voglia di canta re... Ma
noi la stiamo trasformando, questa voglia, secondo i nostri
desideri. La Chiesa cantante non ce la sentiamo di
ascoltar la; se proprio, ne costruiremo una fatta di voci e di
canti... Ma che sia fatta da noi, animata dai nostri canti e
diretta dalle nostre voci... Non una Chiesa cantante, che
debba trasmettere il canto. Magnificare il Signore...
Per noi si è ridotto a magnificare noi stessi, tra di noi, a
darci e toglierci le grandezze, purtroppo... Ma è così, come
fare altrimenti? Ormai... Magnificare le cose di Dio: la
Chiesa, la sua paro la... Ecco, a questo noi ci pensiamo, e
ci pare una buona cosa; e poi, anche te, Maria, noi magnifichiamo:
Te! Non sei contenta? Noi ti magnifichiamo,
Maria! Canta... Noi ti diamo il successo! Magnifichiamo
Maria. Ci siamo dimenticati di magnificare il Signore, non
abbiamo veramente ascoltato l’invito di questa ragazza:
“L’anima mia magnifica il Signore”. E così, la Chiesa
canta Maria, ma non con Maria, non come lei.
La Chiesa canta... Canta tanto e forte... Ma non magnifica
più: non rende più le realtà grandi, e sta perdendo essa
stessa la propria grandezza, a causa del canto storpiato.
La ragazza continua a cantare, a inviarci pazien temente
il suo canto come un invito a risentirlo, a riascoltarlo
nelle profondità non delle orecchie, ma del cuore:
“L’anima mia magnifica il Signore’’.
Il canto del Magnificat chiede alla Chiesa di acco gliere
con disponibilità, essa per prima, la proposta di radicale
conversione del vangelo, recuperando quell’anima che si
sta soffocando tra le cose del mondo.
Il canto della vittoria di Dio, proclamato da Maria, ci
assicura e ci sostiene nel cammino della conver sione.
Maria ci invita di nuovo all’ascolto e al canto di fede
del Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore”.
“Il Signore magnifica l’anima mia”, sia questa la nostra
eco.